martedì 19 novembre 2013

Liberarsi - parte 1

L'altra settimana in preda a un devastante mal di testa, uno dei soliti che mi perseguita di questi tempi, ho letto il mio oroscopo:

“Le persone si innamorano della loro sofferenza a tal punto da non riuscire a separarsene”, ha detto Chuck Palahniuk. Il tuo compito, Gemelli, è fare il massimo sforzo per disamorarti del tuo dolore. Come se stessi parlando a un bambino, spiega al tuo subconscio che la sofferenza alla quale si è abituato ormai non serve più. Dì al tuo io più profondo che non vuoi che quell’antica pena sia uno dei pilastri della tua identità. Per favorire questo distacco, ti consiglio di fare un rito di separazione. Lega un’estremità di un nastro a un simbolo del tuo dolore e l’altra intorno alla vita. Poi taglia il nastro e seppellisci il simbolo nella terra."

E' l'oroscopo di Internazionale, un settimanale che mi piace molto e l'autore, Rob Brezsny, è l'unico che ci azzecca 90 volte su 100 con i suoi strampalati e animistici consigli di vita.

Anche questa volta ci ha preso : quando l'ho letto mi son venute davvero le lacrime agli occhi e ho provato quella strana emozione che si sente quando ascolti o leggi qualcosa che è profondamente vero per te, qualcosa che ti fa "risuonare dentro la verità" si dice in certi ambienti new age che mi è capitato di frequentare.

Probabilmente è vero, mi sono innamorata del mio dolore e ora non riesco a separarmene.

Per questo forse il blog mi sembrava fosse diventato il contenitore della pattumiera, forse perchè la vita reale aveva smesso di coincidere con l'incubo di stanchezza e dolore che avevo nella mente.

Però poi succedono alcune cose belle che ti fan tornare la voglia di scrivere.

Succede che passi un week end degno di questo nome.

Succede che ti accorgi che Pesciolino è cambiato tanto e ora è proprio un bambino, non più un urlante neonato.

Succede che hai un Uomo Meraviglioso accanto che, ormai da una settimana a questa parte, probabilmente per evitare che alla fine tu spacchi il muro a testate davvero, si alza solo lui la notte quando Pesciolino si sveglia e tu riesci a riposare e non accorgerti che si è svegliato 3 volte.

Succede anche, e forse questa come quella precedente è una delle cose più importanti per la mia ripresa, che non allatti quasi più.

Forse quindi è davvero arrivato il momento di parlarne.
Ne devo parlare a puntate però, l'odissea è lunga e tutto insieme potrebbe non rendere bene l'idea.

Lo scrivo per liberarmene, per tagliare questa corda, ora che stò per smettere, ora che allatto mio figlio solo due volte al giorno.

Parliamo quindi di allattamento.

Per me è un tema davvero difficile, che tocca delle corde profonde dentro di me e smuove continuamente il fango.

E' un argomento sconveniente per molti uomini e donne senza figli, mentre per molte mamme e papà diventa oggetto di venerazione quasi un culto, suscita nella maggior parte delle persone tenerezza, dolcezza, e la certezza del legame atavico.

Per me è stato un percorso di dolore.

Prima di diventare madre guardavo all'allattamento con sospetto.

Devo dire che mi ha sempre fatto una certa impressione pensare che due parti del mio corpo che son sempre state inutili o mi sembravano messe li per bellezza, di colpo possano diventare l'unica fonte di sostentamento per una persona, per tuo figlio.

Però devo dire che rimanevo abbastanza obiettiva sull'argomento e cercavo di non farmi troppe pippe mentali sull'argomento. Cercavo di rimanere aperta, di non avere pregiudizi.

Appena nato Pesciolino però le cose sono cambiate.

Dentro di me, già dalle prime ore, sentivo la sola imperante esigenza di prendermi cura di lui.

Di continuare a nutrirlo. Di dargli tutto quello che potevo per farlo stare bene. Non so spiegarlo. Ricordo che desideravo che lui mangiasse come se avessi fame io, come se sfamando lui potessi placare la mia fame.

Quello che nessuno ti dice è che non c'è nulla di immediato coi neonati.

La cosa più stupida, come aprire la bocca e attaccarsi al seno può sembrare impossibile per giorni interi.

Così quel simpaticone del nostro neonatino appena nato dormiva e basta, non mangiava mai.

Di svegliarsi e di aprire la bocca per mangiare non ci pensava nemmeno.

E così diventava sempre più itterico (è una cosa piuttosto normale nei neonati, non è nulla di pericolosissimo, ma fa spaventare se sei appena diventato genitore) e io e l'UM sempre più disperati.

Tutto questo succedeva in ospedale. Uno degli ospedali più famosi di Milano per le nascite, quello che viene chiamato la catena di montaggio delle nascite.

Io lo definirei anche il covo dei talebani della tetta, i tett-talebani.

Si perchè tutti i dottori e anche molti degli operatori e delle infermiere non vogliono nemmeno sentir parlare di latte artificiale.

Nemmeno se il tuo nano non mangia da tre giorni e sta diventando giallino.

Nemmeno se a te viene la febbre alta ogni volta che allatti e tremi come una foglia.

Nemmeno se alla prima visita di controllo ti ricoverano di nuovo il nano perchè è molto calato di peso. (Ma va?)

Alla fine quasi mi son messa a urlare e finalmente abbiamo ottenuto il nostro stupido bidoncino di latte artificiale. Guarda caso l'ittero è passato di li a 2 giorni.

La cosa che nessuno ti dice è che i bambini così piccoli aprono poco la bocca, si attaccano male, fanno tanto male al tuo povero seno, e ciucciano per intere ore.

Intere ore di dolore.

Quando siamo tornati finalmente a casa il nano era confuso e offeso e rifiutava il seno.

Ha rifiutato il seno per due settimane. Due settimane di tiralatte a tutte le ore del giorno e della notte. Ogni tre ore. Pensateci bene, ogni tre ore 40 minuti di tiralatte. Un incubo.

Perchè non ho smesso allora? Non lo so, giuro che non lo so.

La prima cosa che mi viene in mente è perchè avevo Antonia.

Al consultorio del corso pre-parto avevo trovato una persona speciale, una donna splendida che si è davvero presa cura di me, mi ha dato la forza di continuare, mi ha dato la prospettiva positiva: Pesciolino ringrazia Antonia per tanti mesi di allattamento.

Questa la prima puntata della lunga odissea che per me è stato l'allattamento.

La prima puntata del mio processo di liberazione.

A tra poco.















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