martedì 27 maggio 2014

Ritornare a scrivere

Non so come sia successo ma alla fine sono passati mesi dall'ultima volta che ho scritto qui, ed è strano perchè questo posto a metà strada tra il pubblico e il privato mi fa bene, mette in luce angoli che non sapevo esistesero, gratta la superficie e mi mette a nudo anche se nascosta dietro al mio santo anonimato. Qui dove non sono proprio nessuno, se non la tua amica (e allora l'indirizzo te l'ho girato io) o una perfetta sconosciuta che capita qui per caso (e allora ciao a te che non ci conosciamo ma ti piace leggere di noi).

E' strano, dicevo, che io non sia più tornata qui, perchè mentre scrivo c'è un tumulto dentro me che non si placa finchè non ho finito, c'è un'onda anomala che si solleva da dentro e si infrange sulla punta delle dita, erompe sulla tastiera, e mi sommerge completamente.
Ma forse avevo solo bisogno di fare il punto dentro me, avevo bisogno di aspettare.

Cosa è successo finora dunque? Qualcosa è cambiato.

Probabilmente nulla di che, nessun cambio lavoro, cambio casa, nessun cambiamento nella pratica vita di tutti i giorni. Nessun cambiamento fuori, eppure dentro mi sento un po' cambiata e non so nemmeno spiegarmi bene come, in che senso, che parte di me si è modificata e ha lasciato spazio a questa nuova Indecisa, ma è successo.

Lo so da tante piccole cose.

Lo so ad esempio da come sia passato il tremendo senso di solitudine.

La solitudine che mi accompagna  da tutta la vita, che è il mio spauracchio, una delle cose che ho sempre temuto di più, dal primo giorno d'asilo fino all'altro ieri, il timore della solitudine mi ha accompagnata sempre.
Poi è arrivato il 2013 e ho capito la solitudine vera, quella solitudine concreta, una cortina di ferro che ti separa da tutti: nessuno ti può aiutare, sei tu sola a dover fare determinate cose e madre natura mai ti mette di fronte a cotanta impressionante realtà come quando hai un bambino piccolo.
Sei tu sola la mamma, e questo dà si grande potere e grande orgoglio, ma porta altrettanta disperazione, senso di inadeguatezza e di incapacità.

E' la solitudine del ruolo che hai nella vita di un'altra persona. Un ruolo di responsabilità, talmente importante da schiacciarti quasi.

Quando tuo figlio piange e tu non hai mai visto un neonato ma tutti danno per scontato che siccome sei la mamma  lo saprai calmare (nel mio caso non è mai stato vero), quando tuo figlio strilla e non sai perchè e ti senti inutile, mentre tutto il mondo si aspetta che tu sappia leggere nel suo pensiero (anche qui mi spiace, io non ho mai sviluppato capacità medianiche), quando tutti si aspettano quel legame forte e indissolubile e lo danno per scontato (anche io ci son cascata per accorgermi,sbattendoci la faccia, che il senso di materno accoglimento non per tutte è così scontato) e ti senti sola.

Dicevo son cambiata, non mi sento più sola ora e so anche perchè: non ho più un neonato, ho un bambino.
Ora Pesciolino si fa capire.
Dice mamma e mi guarda negli occhi e mi bacia (fa proprio MUUAA...avete presente?).
Fa i capricci perchè non gli faccio aprire il mobiletto del bagno (e il forno, la lavastoviglie, la scarpiera, il wc...finite voi l'elenco infinito), perchè non vuole dormire quando diciamo noi o perchè più semplicemente gli girano le palle (succede a tutti, anche a quelli alti meno di un metro).

Ora però lo capisco e quindi ridimensiono tutta la situazione: mi immedesimo in quel senso di frustrazione che prova quando gli dico no, e faccio spallucce, penso che sia normale, lo lascio sfogare e provo a insegnargli a gestire la rabbia (che poi io a più di 30 anni lo debba ancora imparare questa è un'altra storia).
Non provo più la sensazione di non essere in grado di capirlo, perchè un pochino ora ci capiamo e si, sono ancora insostituibile, ma in modo più facile, perchè ho degli obiettivi raggiungibili.

Credo ci siano così tante aspettative su noi madri, così tanti inutili e inarrivabili cliché che una persona non può che sentirsi sola e inadeguata.

A presto con gli altri cambiamenti.







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